A volte si vive un inatteso colpo di fortuna come un patrimonio che é un peccato sprecare. Me ne rendo conto ora che ripenso alla strada che mi ha portato a scegliere Padova per la maratona di primavera. Doveva essere una soluzione di ripiego, sacrificata in un periodo poco favorevole a causa del caldo, per far posto ad una mezza in marzo. Ho scommesso sulla pioggia. Era l’unica possibilità per correre una buona prova. In caso contrario avrei fatto l’esperienza di gestire una gara difficile. Invece della pioggia é arrivato un aprile fresco come non succedeva da decenni. Proprio quest’anno. Che fortuna!

Cinque giorni prima, quando ormai era chiaro che il clima sarebbe stato ottimo, ho sentito una profonda gratitudine e la responsabilità di non poter sbagliare. Dovevo terminare in meno di 3 ore. Dopo i due fallimenti dello scorso anno, quando per cercare il massimo ho ottenuto poco, dovevo dimostrare a me stesso di aver imparato la lezione. Questa volta mi sono ripromesso che di fronte una scelta avrei preferito sempre l’opzione più prudente. Come ad un esame, bisogna arrivare alla maratona con le risposte pronte ai dubbi che potrebbero arrivare. Non c’è la lucidità per prendere decisioni corrette, in gara.

Le condizioni logistiche alla partenza sono l’ideale. Consegno in anticipo la sacca che troverò all’arrivo per evitare la ressa, ma tengo con me le chiavi della macchina, così la posso utilizzare per riporre gli indumenti che uso per il riscaldamento. L’organizzazione é perfetta, gli spazi sono comodi. L’unico piccolo problema é che la gabbia di partenza é ristretta ad una carreggiata della strada e quindi il gruppo é molto allungato. Passerò la linea di partenza 14 secondi dopo lo start, circa una decina dopo i pacer delle 3 ore che vorrei seguire. Vedo e saluto Francesco, mio compagno di squadra che oggi farà il pacer delle 3 ore e 15 minuti.

Parto con la divisa da gara più leggera che ho. C’è il sole e comincia a fare caldo. Porto gli occhiali da sole solo in gara, perchè mi aiutano a concentrarmi. Ai piedi ho le Puma Deviate Nitro 2. Dopo il via mi ritrovo a circa 50 metri dalle lepri delle 3 ore. Trovo molte buone scie, grazie alle quali al terzo km mi trovo a una decina di metri dai palloncini. Preferisco stare in coda al gruppo. Posso sfruttare la scia ma sono più libero di scegliere le traiettorie. Posso correre più rilassato senza il rischio di subire contatti con altri podisti. Davanti a noi un ragazzo russo, con una lunga treccia bionda, corre con uno zainetto che contiene una radio ad alto volume. Lo scorso anno, a Brescia, mi ha superato nell’ultimo km. Stessa divisa rossa, stesso zaino con la radio. Il genere di musica mi piace. La mia reazione iniziale alle iniziative personali stravaganti é sempre infastidita. Un po’ alla volta ho imparato ad apprezzare l’idea. Al primo ristoro l’affollamento mi costringe a fermarmi per un istante. Una volta presa l’acqua sono libero di prendere il centro della strada rimasto deserto. Ci sono bottigliette da mezzo litro. Un lusso che poche maratone concedono. Posso bere e bagnarmi per bene la testa. Fa caldo e comincio a sudare.

Il secondo rifornimento é in centro a Rubano. La gente é molto calorosa e il gruppo accelera un po’. Prendo una pastiglia di sali e carboidrati che tenevo legata con una spilla da balia. Purtroppo si apre la spilla e perdo le altre due. Siamo in vantaggio di mezzo minuto dopo 10 km. Due pacer rallentano e invitano alla calma. Altri due restano avanti e tengono un ritmo più veloce. Il gruppo si spezza e forse é meglio così. Ho una mezza tentazione di seguire la metà più avanzata ma mi ripeto che non devo essere avido. Sono in anticipo, perchè correre rischi prima ancora di metà gara? Dal km 13 al km 16 corriamo sopra media, a 4’18″/Km circa. Ne aprofitto per mangiarmi un gel, visto che la frequenza cardio si é abbassata. In questa fase, a causa del rallentamento, mi porto a ridosso dei due pacer per la prima volta e saluto Leonardo, uno dei due, che conosco da anni.

Si riprende un ritmo sotto media e il gruppo si assottiglia sempre più. Alla mezza maratona ci troviamo ai piedi dei Colli Euganei. Percorriamo un paio di km nei due sensi di una strada punteggiata da splendide ville venete. Incrocio chi mi precede e mi segue di una decina di minuti. Mi piacciono i giri di boa in gara permettono di capire come si sta svolgendo la gara. I pacer più “avanzati” ci precedono di 20″ circa. Il loro gruppo é molto sgranato. Io sto bene, ma la strada mi sembra ancora lunga. Mi sforzo di pensare a quanto già fatto invece di quanto manca. Quante volte a questo punto della gara mi sentivo in grossa difficoltà? Da questo momento il sole é oscurato da nubi e comincia a fare freddo. Non sarà più necessario che mi bagni la testa con l’acqua ai ristori. C’è un discreto vento contrario. Trovandomi in gruppo non mi darà molto fastidio. Prendo il secondo gel prima di entrare ad Abano. Nel centro transennato una piccola folla attende il notro passaggio, dopo aver assistito alla partenza della mezza maratona qualche decina di minuti prima. Il tifo aiuta a tenere un ritmo elevato. Correggo un po’ gli strappi dei pacer riportandomi in fondo al gruppetto, ormai molto sgranato. Ho un leggero momento di difficoltà.

Dal km 31 ci si unisce con la folla della mezza maratona. Incontriamo e superiamo chi corre con passo tra 1h45′ e le 2 ore, decisamente inferiore al nostro. I pacer cominciano la festa, salutando ed incitando chiunque si trova loro attorno. Vedo Paolo, un compagnia di squadra e collega, ma c’è troppa gente tra noi per chiamarlo o fargli un cenno. Nonostante i pacer chiedano strada, la folla spesso ci costringe a procedere a zig-zag. Ne avrei fatto a meno, dopo due ore di corsa. Vedo che la frequenza cardiaca ha superato i 160 bpm. So di avere circa 12 km di autonomia a ritmo maratona oltre questa soglia. Dovrebbe bastare.

Stiamo arrivando in città. Più che il numero dei km, é il passaggio sotto la tangenzial e l’attraversamento del fiume Bacchiglione che mi fa rendere conto che l’arrivo é vicino. Riprendiamo Stefano, uno dei due pacer che erano andati in avanscoperta. Ho i brividi quando superiamo le antiche mura. E’ tutto vero! Siamo dentro Padova, sono in perfetto orario e tutto sommato sto bene! Al km 39 mi porto davanti al gruppo, saluto e ringrazio i due pacer che mi sono stati di enorme aiuto e dico loro che provo ad accelerare un pochino. Allo scoccare del km 40 l’orologio mi da un parziale di 4’03”. Ottimo! Non sento più le voci dei pacer e questo mi da un po’ di fiducia. Non vorrei fare la figuraccia di essere ripreso. Attraverso il ponte su riviera Paleocapa. Lo riconosco! Per tanti anni ho portato in una caserma di questa via il certificato di rinvio del servizio di leva per motivi di studio. Sorridevo tra me e me quando mi timbravano la ricevuta e pensavo: “anche quest’anno non mi avrete“. Alla fine si sono scordati di me e mi hanno esonerato per decorrenza dei termini. C’era anche un pub e un piccolo cinema da qualche parte.

Ricordo quando passavo assieme ad amici con le bici scassate che facevano un sacco di rumore sul ciottolato delle strade del centro. Il fondo strada non é cambiato da allora. Per un km l’appoggio é molto complicato. Le strette corsie di cemento a bordo strada sono occupate dai corridori più lenti della mezza maratona. Sarà per questo che chiudo il 41esimo km in 4’12”, rallentando un po’. L’arrivo del pavè con sampietrini lisci é una liberazione. Passiamo piazza dell’Orologio, piazza Erbe, il palazzo dei Signori. Vedo il caffè Pedrocchi e il palazzo del Bo’, affollato di gente. Come sono cambiato dalla prima volta che sono entrato qui, ovviamente facendo il giro della catenella.

L’emozione é forte. Sto conquistando qualcosa atteso per anni, in una città molto significativa per me. Affianchiamo la basilica di Sant’Antonio e ormai so che il Prato della Valle é ad un passo. Infatti scocca il km 42 che percorro ancora in 4’03”. Allungo e percorro gli ultimi 500 alla media di 3’53″/Km. supero Vivian, l’ultimo pacer che era rimasto davanti e poi entro in Prato. Che spettacolo! La piazza é piena. Devo restare concentrato per dribblare gli atleti più lenti. Mi godo poco l’ultimo km. Curva finale, vedo una serie di archi gonfiabili al termine dei quali l’arrivo con l’orologio che segna 2h58′. Accelero leggermente per non fargli cambiare minuto. Mi sembra di arrivare qualche secondo in anticipo e invece l’orologio non era perfettamente fasato con il cronometro ufficiale. Il risultato definitivo sarà di 2h59’00”. quello reale, relativo al passaggio effettivo sotto la linea di partenza, di 2h58’46”.

Scarpe e pettorale viola, alla faccia degli scaramantici 🙂

Mi assale una emozione fortissima. Sono dentro all’istante che aspettavo da tempo e non so cosa fare. Come prolungare questo istante? Come fissare questo ricordo? Dopo 40″ arrivano i pacer. Li saluto e li ringrazio. Sono stati fondamentali. Incontro Marco (compagno di laboratorio all’università) che ha fatto la mezza maratona e un paio di conoscenti compaesani. Ho freddo e devo tagliare corto con lo scambio di opinioni per andare a prendermi la sacca coi vestiti. Mi stendo sull’erba del Prato della Valle e vesto pantaloni e giacca lunghi. Questa piazza é una ricchezza per la città, l’ideale per questo tipo di manifestazioni. Vado a prendere il piatto di pasta e la mezza birretta e dopo aver mangiato ritiro il pacco gara. Vorrei fermarmi per godermi ancora il momento ma fa molto freddo. Un serpentone di folla si dirige verso la fermata delle navette. Mi incammino anch’io perchè é probabile ci sia un po’ di attesa. Passo di fronte al kebab che in settima avevo scelto nel caso avessi fame. Ho lo stomaco ancora chiuso, ho fatto fatica a mandare giù la pasta. Belli i tempi in cui riuscivo a mangiarmi un kebab e una birra media subito dopo la maratona! Attendo 10′ l’autobus e una volta salito trovo Francesco, che ha portato a termine alla perfezione il suo compito di pacer.

E’ normale avere una buona opinione di una manifestazione quando il risultato é favorevole. Anche sforzandomi di essere obiettivo devo dire che Padova Marathon é andata oltre le mie aspettative. E’ un evento di grande livello, sia per numero di partecipanti, sia per qualità dei corridori (110 atleti sotto le ore si trovano in una manciata di maratone in Italia). L’assistenza alla zona partenza ed arrivo é ottima nonostante l’elevato numero di partecipanti. Il supporto del pubblico lungo le strade é fantastico. Ho visto famiglie con bambini, anziani seduti a bordo strada ad applaudire, gente sui balconi delle case. Padova si é guadagnata l’approvazione dei cittadini. Questo non é scontato, come si é visto a Treviso, dove la maratona é sempre stata vista come una scocciatura e ha dovuto chiudere.

C’è il problema dell’affollamento del finale per chi corre la maratona. Ormai in gran parte delle manifestazioni sportive i maratoneti devono rinunciare al privilegio di sentirsi protagonisti. Bisogna condividere gli ultimi km di strada con atleti molto lenti. Nel finale non ho potuto alzare gli occhi e godermi la piazza per paura di tamponare chi avevo di fronte. Si perde il gusto di recuperare qualche atleta in difficoltà, perchè non sai se chi stai superando sta correndo maratona o mezza. Gli applausi e l’attenzione del pubblico sono diluiti equamente, indipendentemente dal valore sportivo della prestazione. Questo é il prezzo da pagare se si vuole che queste manifestazioni siano economicamente sostenibili e i disagi siano accettati dalla città. E’ una rinuncia tutto sommato equa e democratica. Si cerca di far partecipare tutti alla festa. D’altra parte l’impegno e la fatica é lo stesso sia chi va forte che per chi va piano e meritano allo stesso modo l’applauso.

Mentre guido, tornando a casa, penso ad una cosa che ho letto qualche mese fa e mi ha fatto pensare a lungo. Un filosofo ha definito lo sport “una sofferenza autoinflitta senza un vantaggio apparente“. Me lo diceva anche mia nonna, che non era filosofa, ma lavorava tutto il giorno nei campi, che “si suda per niente” a fare sport. In questa definizione, che sembra negare la ragionevolezza della scelta di praticare lo sport, c’è una parola che rappresenta una via di fuga aperta ad un nuovo punto di vista: l’aggettivo “apparente”. Il vantaggio é limitato alla soddisfazione dei bisogni primari, quelli che ci appaiono con evidenza. Se questi bisogni sono soddisfatti, però, le abilità fisiche e mentali di cui siamo forniti cercano al di là dell’apparenza, altri ambiti in cui esercitare la loro efficienza e noi ne proviamo piacere. Per questo si pratica lo sport e l’arte, esercizi di abilità fisiche e mentali, senza uno scopo materiale che appaia in tutta la sua necessità. Sto diventando troppo serio. Sono arrivato a casa. Vado a fare una doccia calda.

Di admin

Lascia un commento