L’esperienza alla Corrimestre è stata moderatamente soddisfacente. Mi son presentato al ritiro del pettorale con la consapevolezza che la condizione se n’era ormai andata e che sarebbe stato difficile migliorare i tempi dello scorso anno. I dieci giorni senza correre di inizio giugno erano programmati (vacanze). Le successive due settimane dal clima africano un po’ meno. Proprio quando dovevo riprendere velocità e accumulare qualche km la temepratura è salita a livelli insopportabili. L’unico lavoro che riuscivo a fare con 32°C erano delle ripetute brevi su un tratto ombreggiato di 500 metri di sterrato. Rispetto all’anno scorso nelle ultime sei settimane prima della gara avevo accumulato un’ottantina di km in meno. In compenso il mese di velocità che ho fatto dopo la Trevisomarathon aveva dato buoni frutti.

Non ho idea del passo da tenere. Mi sono promesso di partire in progressione, ma sotto sotto sapevo di non riuscire a tener fede a questo proposito. In queste gare veloci partono tutti a razzo e si richia l’imbottigliamento. Per di più, essendo abituado a distanze maggiori mi sembra non ci sia tempo a sufficenza per recuperare. C’ho messo anni ad imparare a gestirmi in maratona, ultimamente ci sono riucito anche nella mezza … prima o poi ce la farò anche con i diecimila!

Il tracciato cittadino non favorisce il calcolo della velocità istantanea da parte dei vari gps. Per di più il buio rende disagevole la loro consultazione. E’ necessario regolare il ritmo a sensazione. Questo non è proprio il mio forte.

Mi “riscaldo” nel vialetto che ho sfruttato anche lo scorso anno. Il caldo si fa sentire e sudo abbondantemente. Mi sento bene, le gambe girano. L’unico timore è di aver bevuto troppo: sento l’acqua ballare nello stomaco. Nell’ultima settimana per vari impegni non sono riuscito a fare stretching alla sera e ora mi sento un po’ rigido. In paricolare ai bicipiti femorali. Il riscaldamento ha riacutizzato un leggero fastidio, probabilmete dovuto al fatto che non ho riassorbito perfettamente i lavori veloci della settimana.

Mi svuoto un paio di bottiglie di acqua in testa e mi presento alla partenza. L’apertura della gabbia mi coglie di sorpresa. E’ troppo lontana, mi ritrovo a metà gruppo. Si parte. Cerco di guadagnare posizioni prima della curva, dopo la quale rallento per superare senza danni la strettoia e le due curve successive. Poi la strada si apre e c’è spazio per tutti. Mi accodo ad un gruppetto che va via veloce. Mi sembra di riuscire a tenere il passo. Il percorso non è male. Ci sono solo 4-5 curve che chiedono di rilanciare la velocità. Come l’anno scorso ci sono ancora un paio di punti pericolosi: la discesa di un gradino con pedana metallica (se avese piovuto …) e, dopo una curva, un palo che delimita la zona pedonale della città, pronto a privare di virilità i corridori più stanchi e distratti.

Passo il primo giro (quasi 2.5 Km) incollato alla mia lepre del “Quinto Mastella”. Mi ha trascinato per oltre due km sotto i 3’30″/Km. La frequenza cardiaca arriva a 180 bpm, meglio mollare. Rallento di 5-10″/Km nei 3 km successivi, mantenendo comunque un ottimo passo. Meglio, per ora, di quanto speravo, ma comincio a sentire la stanchezza. Le gambe ci sono, mi manca il fiato. Quest’aria calda toglie respiro e forza. Passo il secondo giro con ritmo medio di 3’40″/Km. Rallento progressivamente. La frequenza cardiaca si assesta a 175 bpm. A metà gara sono già cotto. Terzo giro con media di 3’51″/Km, cercando di aggrapparmi almeno per un po’ a chi mi superava. L’ultimo giro perdo anche il morale, cerco di portare a casa la gara con un tempo decente senza star troppo male. Sul traguardo perdo lo sprint per il 40esimo posto con un ragazzo che ne aveva troppa più di me. Non una grande perdita.

Ho caldo, mi sembra di essere dentro ad un forno. Mi dirigo verso una fontana, aspetto il mio turno e metto la testa sotto al getto. Rialzo la testa e trovo Simone Gobbo e Mirko Signorotto. Da loro vengo a sapere che sono arrivati secondo e quarto rispettivamente. L’A.S.D. San rocco sperava di portare i suoi due atleti sul podio, ma il gradino più alto è andato ad Abdoullah Boumussa. Terzo David Daris. L’organizzazione è ottima ci sono tavolini con acqua e gatorade anche prima della zona ristoro. Peccato che anche l’acqua sia calda. Recupero lo zaino e mi cambio sulle gradinate all’aperto. Non c’è un filo di vento, sono completamento fradicio e non riesco ad asciugarmi. Prendo due panini, qualcosa da bere e cammino verso la macchina. Stasera sarà un piacere guidare con finestrini aperti e l’aria in faccia.

Se avessi fatto una buona preparazione e ci fossero state le condizioni per esprimersi al meglio, non avrei avuto motivi di soddisfazione da questa gara. Ne per il risultato cronometrico e neppure per come ho gestito la gara. Però è stato bello fare un giro a tutta, vedere in fondo ai rettilinei il gruppetto che viaggiava a 3’/Km, spremermi a fondo per vedere quanto posso chiedere alle mie gambe.

Mi piacerebbe provare un 10K anche in inverno, magari a dicembre, un mesetto dopo la mezza di San Martino, tanto per avere il tempo di fare lavori di velocità.

Di Abro

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