Chiunque corra abitualmente ha una velocità “naturale” che gli consente di correre senza eccessivo sforzo per (diciamo) un’oretta. Per ognuno ovviamente è diversa, ma per lo stesso individuo può cambiare anche con il suo stato di forma o la stanchezza per allenamenti precedenti. Ma quali sono i fattori che influenzano l’andatura naturale?

Matt Fitzgerald preparatore atletico statunitense propone alcune considerazioni in un bell’articolo.

La prima ipotesi che un medico fisiologo sportivo può fare è che l’andatura naturale sia quella che mantiene stazionaria la concentrazione di acido lattico nel sangue. In questo modo non si provocherebbe affaticamento muscolare e l’andatura può essere mantenuta fino a consumare tutte le riserve energetiche fornite dal glicogeno. Nel 2001 l’Università di Udine ha eseguito un test su diversi atleti con grandi differenze di velocità a lattato costante. Ad essi è stato chiesto di correre per un’ora alla loro andatura naturale. L’andatura tenuta in quest’ora dagli atleti, però, sono state molto più vicine tra loro rispetto alle differenze che c’erano tra le velocità a lattato costante. Quindi ci deve essere qualche altro parametro che influenza il passo naturale.

Dopo questi risultati l’attenzione dei ricercatori si è spostata sul ruolo del cervello. L’Università di Wayne State, in Nebraska, ha proposto ad un gruppo di test, di fare 20 minuti di esercizio al ritmo preferito con bicicletta, tapis roulant e step. Furono monitorati tutti i parametri fisiologici. Ne risultò che in bicicletta tutti avevano consumi di VO2max maggiori rispetto agli altri esercizi mentre nello step era maggiore la frequenza massima cardiaca. Per tutti l’intensità dello sforzo percepita era uguale per tutti gli esercizi. Se ne deriva che nella scelta del ritmo non intervengono solaente parametri fisiologici, ma conta molto la sensazione che ciascuno percepisce.

Il passo naturale potrebbe quindi essere determinato da due impulsi in controtendenza: il desiderio (fisica e talvolta psicologica) di terminare lo sforzo il più presto possibile e il desiderio di comodità (non sentirsi affaticati).

Il passo naturale è molto vicino alla velocità che massimizza il consumo di acidi grassi, che permette di mantenere l’andatura più a lungo. Correndo a questo ritmo il corpo migliora l’economicità della corsa.

Come spesso accade quando si va a cercare in profondità una risposta, si scopre che il comportamento umano è strettamente condizionato dall’esperienza evolutiva che ha generato il nostro istinto di sopravvivenza. Di fronte all’esigenza di spostarsi su grandi distanze, l’evoluzione ha avvantaggiato chi aveva atteggiamenti che prevedevano un consumo energetico efficiente e che affaticava il fisico meno possibile. Questo tipo di sensibilità alla velocità e allo sforzo, affinabile con l’esperienza e l’allenamento, è giunta fino a noi.

Di Abro

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