Da qualche anno nella maratona da parte di diversi atleti si assisteva a tempi a ridosso del record di Gebrselassie. Quest’ultimo resisteva da un quinquennio. E’ stato abbattuto prima in maniera poco ortodossa a Boston, poi in modo ineccepibile da Patrick Makau a Berlino ed infine  ieri, Wilaon Kipsang non l’ha sfiorato per soli 4″. Il vecchio e duraturo tempone di Gebre sembra essere destinato ad essere spazzato via da un’ondata di tempi impensabili fino a qualche anno fa. Dal risultato primaverile di Boston in poi, ogni maratona con percorso veloce era degna di attenzione per i suoi risultati cronometrici.

Questi risultati arrivano da atleti con un breve palmares sportivo, che magari hanno fatto grandi prestazioni al debutto in maratona. Niente a che vedere con il percorso sportivo di uno come Gebrselassie. Si sta muovendo una vera e propria ondata di atleti Kenyani che sposta non solo i valori di picco, ma anche il livello medio dei top runner un passo più avanti. A mio parere questi risultati sono l’evidenza di un miglioramento diffuso (almeno nel corno d’Africa) di tutto il processo di selezione e formazione dei candidati top runners, oltre che un affinamento delle metodologie di allenamento ed alimentazione. Giovani atleti vengono selezionati, valutati, messi alla prova e preparati nel migliore dei modi. I più forti, in 4-5 eventi di grande rilievo esauriscono la loro spinta motivazione che li ha portati a fare grandi sacrifici e se ne tornano in Africa con un patrimonio che mai avrebbero potuto guadagnare in altro modo.

E’ mia opinione che nei prossimi 4-5 anni vedremo aggiornare il record mondiale da parte di atleti dal breve curriculum sportivo che resteranno al vertice solo per qualche anno e in pochi ricorderanno. L’unica spinta che potrebbe ostacolare questo scenario potrebbe provenire dagli sponsor. La pubblicità ha bisogno di personaggi, non di vincitori anonimi. Atleti come Ryan Hall, che pur essendo l’uomo bianco più veloce al mondo in maratona, non ne ha mai vinta una, sono ricercati dagli sponsor più dei vincitori keniani. Se il movimento dello sponsor dovesse allegerire il suo interesse verso atleti capaci di grandi prestazioni per favorire personaggi in grado di comunicare, di indurre un senso di imitazione verso gli appassionati, sicuramente tecnici e preparatori sarebbero più incentivati a concentrarsi su atleti meno performanti ma più vicini alla massa di appassionati.

Questo sarebbe un bene o un male per lo sport? La risposta non è facile. Ci sono troppi condizionamenti di tipo razziale e socioeconomico. Per esempio, chi sostiene che gli atleti africani sono favoriti dalla genetica può passare per razzista. Chi sostiene che l’economia e il mercato non dovrebbe influire troppo nelle scelte di fondo dello sport può essere accusato di essere un idealista e di voler portare lo sport ad uno stadio amatoriale distruggendo ciò che è stato creato negli ultimi decenni.

Sarà interesasnte vedere tra 10 anni quale sarà l’equilibrio che sport, scienza, economia troveranno attorno al mondo della maratona. Sempre che un equilibrio si riesca a trovare …

Di Abro

Lascia un commento